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Finanze vaticane, lo IOR ritorna a dare un contributo al Santo Padre

Lo scorso anno, parte degli utili era destinato genericamente alle “opere di religione”. Ritorna il contributo al Santo Padre. Generalmente stabili gli utili.

IOR | Il Torrione Niccolò V, la sede dell'Istituto per le Opere di Religione | AG / ACI Group IOR | Il Torrione Niccolò V, la sede dell'Istituto per le Opere di Religione | AG / ACI Group

Il primo Rapporto Annuale dell’Istituto per le Opere Religione pubblicato sotto Leone XIV sembra voler ribadire e rimarcare il lavoro fatto dall’Istituto in questi ultimi dieci anni. Non c’è più Papa Francesco, che aveva seguito e approvato il processo di riforma, si potrebbero anche rivalutare i processi (oltre a quelli che riguardano lo IOR, ma c’è anche il processo per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato, che nasce da una denuncia dello IOR contro la Segreteria di Stato), e ci si trova di fronte ad un mondo nuovo.

Così, torna quest’anno la dicitura degli utili destinati al Santo Padre, e non genericamente alle “opere di religione”, come veniva specificato lo scorso anno, forse anche per superare uno dei problemi che era venuto fuori al processo della gestione dei fondi della Segreteria di Stato, e cioè l’anomalia dello IOR che chiedeva alla Segreteria di Stato la restituzione del denaro che avevano destinato al Santo Padre, quando tra l’altro Papa e Segreteria di Stato sono sinonimi in diritto canonico. Gli utili registrano un + 7 per cento, e si arriva a 32,8 milioni di euro, certamente lontani dai record di 86,6 milioni del 2012, ma anche meglio rispetto al crollo che si era avuto negli anni centrali del pontificato di Papa Francesco. La donazione al Papa è di 13,8 milioni di euro, lo scorso anno erano state destinate alle Opere di Religione 13,6 milioni di euro.

Il comunicato stampa diffuso dallo IOR – il cui rapporto, ormai da tradizione, è stato pubblicato senza conferenza stampa in cui eventualmente rispondere a domande – esalta la crescita del margine di interesse del 5,8 per cento, una raccolta complessiva di 5,7 miliardi di euro (in crescita rispetto ai 5,4 miliardi di euro dello scorso anno), un patrimonio netto cresciuto di 64,3 milioni di euro e arrivato a contare 731,9 milioni di euro.

“La crescita dell’utile netto – si legge nel comunicato - è stata ottenuta con il contributo positivo del margine di interesse, del margine commissionale e del margine d’intermediazione, unitamente a un attento controllo dei costi”.

Si legge anche che “sono evidenti anche numerosi miglioramenti di natura non finanziaria, in quanto lo IOR ha rafforzato funzioni chiave e assunto nuove risorse specializzate. Investimenti mirati hanno permesso lo sviluppo di una infrastruttura digitale e IT migliorata, con l’obiettivo di servire meglio i clienti”. Tuttavia, il numero di dipendenti, da rapporto, è pari a 105, mentre lo scorso anno erano 107, e dunque sarebbe da comprendere se le nuove risorse specializzate siano assunte nell’istituto o siano invece risorse esterne.

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Nel rapporto, la relazione del direttore generale Gianfranco Mammì nota un 100 per cento di investimenti coerenti con l’etica cattolica, una voce nuova che sembra voler marcare una differenza con il passato. Eppure, sarebbe da definire meglio cosa si intende per etica cattolica.

Nel 2023, parlando al Forum Omnes, il presidente dell’Istituto per le Opere di Religione Jean Baptiste de Franssu, aveva segnalato che i criteri di inversione etica più conosciuti, ovvero gli ESG (ambientali, sociali e governance) “si erano convertiti in mezzo politico per la trasformazione della società in questioni come il gender e altre relazioni. Da questo punto di vista non sono coerenti con i principi cristiani e lo IOR si distanzia da loro”. Tuttavia, il rapporto ASIF 2024 ha segnalato che, nello IOR, si è affinato il “Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale” (SREP) e si è introdotto "l’obbligo per l’Istituto di pubblicare informazioni sui rischi ambientali, sociali e di governo societario", considerando "l’importanza crescente" di questi fattori. 

Al di là dei nuovi protocolli, dettati anche da varie esigenze internazionali e dagli investimenti di responsabilità sociale, il periodo in cui lo IOR ha adottato investimenti di tipo più aggressivo va fatto risalire al periodo 2013 – 2016, mentre la regolamentazione per gli investimenti di tipo cattolico sono stati definiti dal documento Mensuram Bonam pubblicato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

 

 

Il cardinale Christoph Schönborn, presidente della Commissione Cardinalizia, sottolinea in una lettera introduttiva che “la riorganizzazione e l’evoluzione dell’Istituto dal 2014 ai giorni odierni, di cui sono stato testimone diretto, ne fanno oggi un punto di riferimento sicuro per tutta la Chiesa che serviamo nel mondo, soprattutto in periodi difficili come quelli che stiamo vivendo”, e ha messo in luce che “nel suo ultimo Rapporto Annuale, l’Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria, ovvero l’Autorità deputata a vigilare sull’osservanza dell’Istituto al rispetto della normativa prudenziale e antiriciclaggio, riconosce i ‘buoni risultati conseguiti dallo IOR” e che esso “si conferma un ente solido e ben organizzato’.”

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Il cardinale ricorda anche “l’impegno a operare nel pieno rispetto dell’etica cattolica su cui l’Istituto basa le proprie strategie e politiche che ne guidano l'attività al servizio della Chiesa cattolica nel mondo. Ciò è particolarmente importante per le attività di investimento, dove sono stati fatti molti passi avanti per costruire un solido processo di investimento coerente con la fede”. Vale la pena ricordare, però, che il rapporto MONEYVAL 2012 – di un organismo del Consiglio d’Europa, e dunque indipendente – sottolineava che lo IOR era già avanti nelle procedure di trasparenza finanziaria, mentre gli investimenti erano sempre stati fatti secondo una logica “conservativa” e non speculativa.

Gli utili netti contano 32,8 milioni di euro, il 7 per cento in più dei 30,6 milioni di euro dello scorso anno. Eppure, solo 13,8 milioni sono destinati al Papa, e lo scorso anno, con un utile minore si trattò di una donazione per le opere di religione di 13,6 milioni di euro. Nel 2022, gli utili erano di 29,6 milioni di euro.

C’è, dunque, un miglioramento costante. Ma i dati vanno visti anche in prospettiva. Si va, infatti, dall’utile di 86,6 milioni dichiarato per il 2012 – che quadruplicava gli utili dell’anno precedente – ai 66,9 milioni del rapporto 2013, ai 69,3 milioni del rapporto 2014, ai 16,1 milioni del rapporto 2015, ai 33 milioni del rapporto 2016 e ai 31,9 milioni del rapporto 2017, per arrivare ai 17,5 milioni di euro del 2018.

Il rapporto 2019 invece quantificava gli utili in 38 milioni, attribuiti anche al mercato favorevole. Nel 2020, anno della crisi del COVID, l’utile era stato leggermente inferiore, di 36,4 milioni di euro. Ma nel primo anno post-pandemia, un 2021 ancora non colpito dalla guerra in Ucraina, si torna a un trend negativo, con un profitto di soli 18,1 milioni di euro, e solo nel 2022 si tornava alla soglia dei 30 milioni, sebbene probabilmente con un impatto dato dai 17,2 milioni sequestrati all’ex presidente Angelo Caloia e Gabriele Liuzzo, che dovevano rispondere per peculato ed autoriciclaggio commessi in relazione al processo di smobilizzazione dell’ingente patrimonio immobiliare posseduto dall’Istituto e dalle sue società controllate, SGIR e LE PALME. le cui condanne per erano diventate definitive nel luglio 2022.

Questa altalena degli utili è stata sempre attribuita dallo IOR alle mancanze della passata amministrazione. Monsignor Giovanbattista Ricca, prelato dello IOR, loda, nella sua lettera introduttiva, il cambio generazionale “che oltre ad aver apportato una concezione operativa svincolata dagli schemi sia di pensiero che di operatività, applicati in passato e non sempre corrispondenti al meglio per finalità di immagine e risultati, ha portato con sé un maggior impegno, forse entusiasmo, legato alla stessa età degli assunti. In una parola: la visione nuova da parte della Dirigenza e l’impegno più attento dovuto all’acquisizione di nuove forze hanno fatto del bene all’Istituto”.

Anzi, addirittura Ricca arriva a accusare che “sono lontani i tempi nei quali l’Istituto scambiava l‘autonomia per indipendenza. Questo sbaglio di prospettiva portò non pochi guai, ad alcuni dei quali si sta cercando ancora oggi di porre rimedio nelle sedi opportune”. In realtà, lo stesso regolamento dell’Istituto non ha mai permesso decisioni personali di singoli, ma ha sempre avuto una catena di comando precisa.

Ricca poi nota che “se si eccedesse nella ricerca di un’immagine più conforme ai modelli in voga nel campo economico, se si impiantassero nei rapporti con le persone che lavorano, meccanismi di superefficientismo, se si cercasse il profitto per il profitto (anche con l’idea che più si ha più bene possiamo fare), a lungo termine sbanderemmo e la specificità di ausilio alla Chiesa Cattolica sarebbe persa”. Vale la pena notare, però, che lo IOR ha avuto una stagione in cui si cercava il profitto per dare maggiore sostegno alla Santa Sede, e questa era nel triennio 2013-2016.

Il presidente del Consiglio di Sovrintendenza Jean-Baptiste de Franssu nota che i progressi dello IOR risultano particolarmente importanti per il processo di centralizzazione, in corso in Vaticano, di tutti gli asset presso lo IOR, come previsto dal nuovo quadro giuridico e normativo in vigore”. In pratica, tutti i dicasteri vaticani sono tenuti ad investire con IOR. E per questo – dice de Franssu -“il team dello IOR è lieto di continuare a collaborare con tutti i Dicasteri vaticani, le Istituzioni vaticane e il Comitato vaticano per gli Investimenti per sviluppare e rafforzare ulteriormente i servizi di investimento coerenti con la Dottrina Sociale della Chiesa, con l’obiettivo di essere all’avanguardia in questo campo. È fondamentale che il Vaticano, attraverso lo IOR, sia considerato un riferimento in queste materie”.

De Franssu nota che “le azioni legali promosse dall'Istituto contro gli abusi perpetrati ai suoi danni prima del 2014 sono proseguite positivamente. Lo IOR è riuscito a recuperare negli ultimi dieci anni un importo complessivo di oltre 33 milioni di Euro; 1,6 milioni di Euro sono stati recuperati nel 2024 e sono stati fatti significativi progressi nelle varie cause in corso”.

Qualche cifra finale. Mammì sottolinea che le spese amministrative, ammontanti a 23,8 milioni di euro, sono “in leggera crescita rispetto al 2023 per il consolidamento degli investimenti in risorse umane e risorse strumentali”.

E poi, un dato tecnico: il valore Tier 1 Ratio è al 69,4 per cento, in crescita del 16,1 per cento rispetto al 2023. Il TIER 1 è la componente primaria del patrimonio di una banca. Nel 2023 è stato pari al 60 per cento, ed era un sostanziale aumento rispetto al 46,14 per cento del 2022, che già marcava una crescita dal 38 per cento del 2021. Tuttavia, va notato che nel 2019 il TIER 1 era dell’82,40 per cento, e che dunque solo ora si rivede la luce dopo che il patrimonio dello IOR si era praticamente dimezzato.