C’è poi la giustizia che “non è come quella che cerca il mondo, molte volte macchiata da interessi meschini, manipolata da un lato o dall’altro” ma è quella di quando “si è giusti nelle proprie decisioni, e si esprime poi nel cercare la giustizia per i poveri e i deboli”.
E poi c’è la misericordia. “Dare e perdonare è tentare di riprodurre nella nostra vita un piccolo riflesso della perfezione di Dio, che dona e perdona in modo sovrabbondante”.
E cosa significa purezza del cuore? Risponde Francesco: “Quando il cuore ama Dio e il prossimo , quando questo è la sua vera intenzione e non parole vuote, allora quel cuore è puro e può vedere Dio”.
E poi la pace che per Francesco nasce dalla assenza di calunnie e dicerie e poi ci sono i perseguitati a causa della giustizia e dice : “Se non vogliamo sprofondare in una oscura mediocrità, non pretendiamo una vita comoda, perché «chi vuol salvare la propria vita, la perderà»”.
Perché non si può aspettare di vivere in una società favorevole per vivere il Vangelo e si deve fare anche se in un società “alienata, intrappolata in una trama politica, mediatica, economica, culturale e persino religiosa che ostacola l’autentico sviluppo umano e sociale, vivere le Beatitudini diventa difficile e può essere addirittura una cosa malvista, sospetta, ridicolizzata”.
Come abbiamo ormai imparato Papa Francesco ama ripetere il capitolo 25 del vangelo di Matteo come una sorta di manuale di vita: “Davanti alla forza di queste richieste di Gesù è mio dovere pregare i cristiani di accettarle e di accoglierle con sincera apertura, “sine glossa”, vale a dire senza commenti, senza elucubrazioni e scuse che tolgano ad esse forza”.
E senza quegli errori nocivi ed ideologici come quello “di quanti vivono diffidando dell’impegno sociale degli altri” per cui “la difesa dell’innocente che non è nato, per esempio, deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo. Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù, e in ogni forma di scarto”.
Allora scrive Francesco attenzione a non dimenticare “che il criterio per valutare la nostra vita è anzitutto ciò che abbiamo fatto agli altri”.
Davanti ai rischi per la santità di oggi Francesco propone delle indicazioni pratiche come “lottare e stare in guardia davanti alle nostre inclinazioni aggressive ed egocentriche per non permettere che mettano radici”. E aggiunge: “Anche i cristiani possono partecipare a reti di violenza verbale mediante internet e i diversi ambiti o spazi di interscambio digitale”.
E poi “non ci fa bene guardare dall’alto in basso, assumere il ruolo di giudici spietati, considerare gli altri come indegni e pretendere continuamente di dare lezioni”.
Torna il tema della umiltà che “può radicarsi nel cuore solamente attraverso le umiliazioni, come quelle “quotidiane di coloro che sopportano per salvare la propria famiglia”. E magari “qualcuno può avere il coraggio di discutere amabilmente, di reclamare giustizia o di difendere i deboli davanti ai potenti, benché questo gli procuri conseguenze negative per la sua immagine”.
Gaudete, quindi di alla gioia contraria ad “uno spirito inibito, triste, acido, malinconico, o un basso profilo senza energia. Il santo è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo”. E sì alla parresia che “è audacia, è slancio evangelizzatore che lascia un segno in questo mondo” e che grazie allo Spirito Santo permette di “ non essere paralizzati dalla paura e dal calcolo”. E quindi: “ Sfidiamo l’abitudinarietà, apriamo bene gli occhi e gli orecchi, e soprattutto il cuore, per lasciarci smuovere da ciò che succede intorno a noi e dal grido della Parola viva ed efficace del Risorto”.
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E per la vita in comunità, in ogni comunità “fare attenzione ai particolari” come ha fatto Gesù. E spazio alla preghiera soprattutto per combattere le “tentazioni del diavolo e annunciare il Vangelo. Questa lotta è molto bella, perché ci permette di fare festa ogni volta che il Signore vince nella nostra vita”. Francesco dedica ampio spazio al problema del Maligno e alla sua esistenza: “Non pensiamo dunque che sia un mito, una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea.Tale inganno ci porta ad abbassare la guardia, a trascurarci e a rimanere più esposti. Lui non ha bisogno di possederci. Ci avvelena con l’odio, con la tristezza, con l’invidia, con i vizi”.
Nel cammino verso la santità, Francesco mette in guardia dal pericolo sempre presente dello gnosticismo e del pelagianesimo, in cui “si esprime un immanentismo antropocentrico travestito da verità cattolica”.
Papa Francesco poi punta il dito contro il pelagianesimo, e la sua “mancanza di un riconoscimento sincero, sofferto e orante dei nostri limiti” che “è ciò che impedisce alla grazia di agire meglio in noi, poiché non le lascia spazio per provocare quel bene possibile che si integra in un cammino sincero e reale di crescita. La grazia, proprio perché suppone la nostra natura, non ci rende di colpo superuomini. La grazia agisce storicamente e, ordinariamente, ci prende e ci trasforma in modo progressivo”.
Il Papa, infine, mette in guardia da quei “cristiani che si impegnano nel seguire un’altra strada: quella della giustificazione mediante le proprie forze, quella dell’adorazione della volontà umana e della propria capacità, che si traduce in un autocompiacimento egocentrico ed elitario privo del vero amore. Si manifesta in molti atteggiamenti apparentemente diversi tra loro: l’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, la vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche, l’attrazione per le dinamiche di auto-aiuto e di realizzazione autoreferenziale. In questo alcuni cristiani spendono le loro energie e il loro tempo, invece di lasciarsi condurre dallo Spirito sulla via dell’amore, invece di appassionarsi per comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo e di cercare i lontani nelle immense moltitudini assetate di Cristo”.
Per questo “in mezzo alla fitta selva di precetti e prescrizioni, Gesù apre una breccia che permette di distinguere due volti, quello del Padre e quello del fratello. Non ci consegna due formule o due precetti in più. Ci consegna due volti, o meglio, uno solo, quello di Dio che si riflette in molti. Che il Signore liberi la Chiesa dalle nuove forme di gnosticismo e di pelagianesimo che la complicano e la fermano nel suo cammino verso la santità!”.